Donne, merito e violenza. Il caso Osipova.

di La Redazione

Una donna, tra altri 124 colleghi ha vinto un concorso pubblico, per un ruolo tecnico di Coadiutore Parlamentare presso il Senato della Repubblica. Questo fatto, oltre a costituire una felice notizia per i diretti interessati, sarebbe relegabile alla completa normalità. Tuttavia, a far scalpore, è stato un altro fatto, conseguente al primo, relativo all’avvio di una massiccia campagna diffamatoria mezzo stampa, innescata dall’agenzia ADN Kronos e ripresa da tutti i quotidiani nelle proprie versioni online. Il motivo? La donna in questione, Irina Osipova, candidata tra oltre 42 mila altri concorsisti, è cittadina italiana di origine russa e in passato ha scritto e pubblicato contenuti su temi come Russia, Putin compreso, Donbass, Geopolitica, pace, sviluppo e cultura, esprimendo anche ai media punti di vista e considerazioni personali non prettamente in linea con gli schemi ideologici che caratterizzano il sistema di potere attualmente presente nelle Segreterie politiche occidentali. In più, ha catturato la preoccupazione dell’autore dell’articolo di ADN Kronos, l’essere figlia di un ex diplomatico e un attivismo politico tra il 2012 e il 2015 culminato con la candidatura della Osipova in quota Fratelli d’Italia, nel 2016, in supporto alla corsa di Giorgia Meloni per il Comune di Roma Capitale, poi naufragata nel confronto con Virginia Raggi e Roberto Giachetti.

Abbiamo di fronte quindi due eventi: un fatto encomiabile come il superamento di un Concorso tra i più difficili che l’ordinamento istituzionale italiano prevede da parte di una cittadina italiana di origini straniere e, all’opposto, un misfatto dato dalla campagna di fango o, come viene chiamata dagli americani “shitstorm”, partita da una tra le agenzie di stampa italiane – rileviamo, una: non altre – che ha mostrato gli aspetti più gretti e violenti della nostra società.

Esatto, perché di violenza si può benissimo parlare. Tema caldo e sempre attuale, la violenza esercitata da un Golia come l’ADN Kronos e a seguire decine e decine di testate giornalistiche dalle più grandi nazionali a quelle locali nei confronti di una donna, è pari agli stupri che vengono compiuti verso le tante, troppe donne in Italia e nel mondo. Uno stupro mediatico consumato nell’arco di due giorni in cui si è tentato di farne un caso politico, con il pronto rilancio in stile OVRA da parte del deputato Lia Quartapelle (Partito Democratico) e il coinvolgimento, sempre operato da parte della stessa agenzia ADN Kronos, dell’Ambasciatore Ucraino in Italia, il quale a sua volta si è espresso con la retorica inqualificabile sconfinante nell’interferenza negli affari interni di uno Stato sovrano, che ormai da fin troppo tempo contraddistingue il regime in forza a Kiev, il quale usa uno sfrenato livore neonazista e xenofobo pari al livello di insuccessi militari ottenuti nonostante gli aiuti senza precedenti forniti da Stati amici, tra cui l’Italia stessa.

La violenza che si esprime in mille modi e sfaccettature, non è solo appannaggio di criminali nerboruti che violentano fisicamente il corpo di una donna. La violenza è un fatto in primis psicologico: è intimidazione, è derisione, è scherno, è disprezzo e sopraffazione. La violenza è dunque un atto che prima di esplodere nella forza cinetica, si sviluppa nella psiche e tramite essa produce mali dalle conseguenze ancora più laceranti, se possibile, di quella fisica. Una cultura della violenza, una cultura dello stupro, che sia fisico o in forma scritta, poco importa. Irina Osipova è stata stuprata mediaticamente per due giorni. Una donna, inerme, da cinque anni pressoché inattiva pubblicamente, che esplicitamente ha rifiutato di parlare con il giornalista che pure fin troppo aggiornato con elementi non reperibili il Gazzetta Ufficiale, in spregio a ogni legge sulla tutela della privacy l’ha contattata su una utenza telefonica privata. Il quale di fronte al rifiuto di parlare ha reagito pubblicando un articolo posticcio ricco di ricostruzioni diffamatorie in un collage pruriginoso di elementi decontestualizzati e anacronistici – già noti e risalenti a quasi due lustri orsono – volto a condizionare negativamente se non l’Istituzione in questione, Il Parlamento, quanto meno il pubblico che conosce o può conoscere Irina Osipova, imprimendole uno stigma.

Ma a che pro? “Cui prodest?” dicevano i latini. Negli ambienti ermetici della politica, in cui gli amici di fronte all’opportunità spariscono o compaiono, si vocifera che ambienti del PD e M5S abbiano fatto circolare la notizia nelle chat e nei gruppi ad essi affini così da dare in pasto all’agenzia di stampa, del materiale che quest’ultima ha pubblicato “in esclusiva”. Una velina. Puntualmente ripresa da parlamentari PD e M5S. Che un’Agenzia di Stampa nazionale si presti a questi inqualificabili mosse è più di un sospetto e ciò getta un peso enorme sulla diffusione delle notizie nel nostro sistema, oltre a ledere un enorme numero di diritti dell’individuo e, in prospettiva, della comunità se un tale modo di agire venisse anche in piccola parte assorbito come normale.

Complici inoltre della violenza, come detto, che rende moralmente sullo stesso piano lo stupratore di strada e lo stupratore mediatico, con il branco, costituito dagli altri giornali e i politici coinvolti, a compartecipare allo stupro godendo sadicamente o limitandosi a guardare. Pochi a domandarsi, in piena coscienza, perché tanto orrore? La banalità del male che descriveva Arendt è palesemente dimostrata. Riprendendo quanto sostenuto da Angela Davis, si manifestano il razzismo e il sessismo che frequentemente convergono quando la condizione delle donne lavoratrici straniere in Italia, è spesso connessa allo status oppressivo che queste vivono tra il timore di uno stigma e il pregiudizio farcito di stereotipi disgustosi.

In totale contrasto con i principi morali fondati delle nostre democrazie occidentali, che riprendono i temi profondi discussi e affrontati durante la Rivoluzione Francese, volti alla libertà di espressione al rispetto dell’opinione altrui, alla uguaglianza e fratellanza nel rispetto delle leggi. Un celebre motto di Evelyn Beatrice Hall attribuito impropriamente a Voltaire cita “Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo” così come il pensiero di Rousseau attraverso il concetto di volontà generale, separa l’obbligo dalla dipendenza, in quanto l’obbligo finisce per corrispondere all’interesse individuale. Essere soggetti alle leggi è quindi sintomo di libertà, perché il cittadino non obbedisce ad altro che alla sua volontà particolare. Operando uno stupro mediatico, nei confronti di un cittadino, sconfessa in un attimo secoli di cultura e diritti conquistati con il sangue di milioni di persone. La gogna pubblica e la punizione esemplare dell’innocente come modo per lanciare messaggi al “nemico”. Nemico che tra l’altro è nella fattispecie inesistente e fa ritenere quanto sostenuto da Georges Sorel sull’illusione del progresso, di una attualità inquietante.

Cultura della violenza come fattore endemico di una democrazia “matura” che tuttavia non chiude i conti con il passato, in cui rigurgiti di xenofobia strisciante svelano odii alto-borghesi mai sopiti verso ciò che appartiene alla Russia o ad essa attribuibile. Poco importa della verità, dei fatti, delle azioni. Poco importa della cultura, in cui nazionalismo e patriottismo si sostituiscono allegramente. In cui una immagine estrapolata da un evento, significa “amicizia”. In cui un compito retribuito di traduzione e interpretariato si trasforma in una crociera in Piazza Rossa da armata Brancaleone. Si punisce il pensiero di uno per educare il pensiero di cento. Il crimine perpetrato dello stupro mediatico aveva il preciso compito di colpire su commissione una persona per le proprie idee, peraltro in costante evoluzione e mai violente, espresse sempre elegantemente e senza offesa in completa aderenza alle leggi e all’umano rispetto. Ciò stride incredibilmente con il rozzo meccanismo messo in atto dalla stampa, dagli stupratori mediatici, che invece sentendosi superiori alle leggi, hanno diffamato, mistificato, stravolto i fatti creando artificialmente congetture fantasiose e le hanno diffuse con lo scopo di fare il male nei confronti di una donna, ennesima vittima di violenza.

Una donna che dovrebbe essere lodata e rappresentare un lustro per lo Stato italiano: colta, capace, responsabile e determinata, in grado di superare da sola barriere che naturalmente sono alte ma che per una persona natìa in altro suolo lo sono ancor più. Una donna che ha realizzato il proprio sogno, coltivato sin dagli studi superiori, conseguendolo mediante impegno, sacrificio e merito. Merito che in questa vicenda per la stampa è fattore marginale, mentre dovrebbe dimostrare che anche le istituzioni italiane sono capaci, ai massimi livelli, di esprimere la meritocrazia.

La stampa ha violentato mediaticamente una donna, madre, lavoratrice, libera nel pensiero, cittadina esemplare, confezionando un articolo volto unicamente a gettare discredito con triviali toni complottisti ed è stata ripresa da alcuni esponenti politici. L’Istituzione ha invece dimostrato con Irina Osipova, che l’Italia è uno Stato che rispetta appieno i valori presenti nella propria Costituzione e scaturiti dall’illuminismo. Valori che lo premiano come un luogo in cui chi è meritevole, nel rispetto delle leggi, riesce a realizzare anche il sogno della propria vita. Siamo sicuri che l’Istituzione ne trarrà tutti i benefici.