Cavoli (neri) di Bruxelles: doppiopesismo e immigrazione

È difficile oggi ricordare quanto nel mondo africano, abbia significato morte e distruzione la colonizzazione da parte del Belgio. Bruxelles con l’avvento dell’Euro e dell’UE, gode lo status di aurea capitale del perbenismo, della multiculturalità, dell’accoglienza. Anversa non la si cita più come cemtrale del mercato dei negrieri che piazzavano schiavi ovunque nel mondo fino agli anni ’50, ma solo come esclusivo hub del commercio di diamanti (che per alcuni aspetti con lo schiavismo ha ancora molto a che fare).

In Congo, le truppe al soldo del Re del Belgio, fino agli qnni ’60 hanno perpetrato uccisioni, mutilazioni, torture, rapimenti e distruzione oltre l’immaginabile e il grido disperato quel paese lo lancia fino ai giorni nostri, poiché, seppur ricchissimo di risorse naturali, è uno tra i più poveri e lacerati del continente.

Proprio nel civilissimo e multiculturale Belgio, più precisamente nella sua capitale Bruxelles, nel 1958 in occasione dell’Expo, venne riprodotto un villaggio africano che veniva all’epoca colonizzato e civilizzato dal regno Belga, con annessi sviluppi per l’economia, l’agricolura e la diffusione della cristianità.
A Bruxelles, in occasione dell’Esposizione universale e internazionale, vicino alla grande scultura dell’Atomium, simbolo di sviluppo e avanzamento scientifico e tecnologico, gli organizzatori decisero di realizzare il “villaggio congolese”.Ben settecento congolesi vennero fatti appositamente arrivare per l’occasione. Cinquecento da impegnare come “comparse” dentro quella che risultava essere una propria e vera prigione a cielo aperto. Duecento, cosiddetti “évolués”, appartenenti alla classe dirigente locale che collaborava con i colonizzatori, dovevano osservare la grandezza della madre patria. L’idea delle istituzioni belghe era quella di mostrare alla propria gente, ai colonizzati e al mondo intero, quello che di buono il Belgio stava compiendo in quello sperduto angolo di mondo.

Ovviamente venivano sottaciute le violenze inaudite praticate dalle autorità belghe in Congo, che ancora oggi lo rendono uno dei casi più aberranti nella terribile storia della colonizzazione dell’Africa. I cinquecento congolesi, compresi alcuni bambini, vennero così chiusi all’interno di una gabbia dal tocco esotico, con capanne, animali imbalsamati e cespugli. Dovevano mostrare ai visitatori le loro abilità artigianali e lodare il Signore cantando, sotto la guida di alcuni missionari gesuiti. Tutto per dimostrare come effettivamente il Congo si stava incanalando, grazie all’indispensabile contributo belga, sulla via della civilizzazione.Purtroppo dopo giorni passati a ricevere insulti da parte di un pubblico, più incline alla violenza verbale che alla misericordia, alcuni congolesi si rifiutarono di recitare il ruolo che gli era stato affidato e cercarono di abbandonare il villaggio, facendo fallire il piano orchestrato dalle autorità belghe. Quello di Bruxell sarà l’ultimo expo in cui verranno realizzati degli zoo umani e conosciamo la storia di migliaia di bambini congolesi che le autorità coloniali fecero mutilare, spesso attraverso l’amputazione delle mani, per punire i genitori che non avevano estratto un sufficiente quantitativo di gomma.

Ma in belgio il vizio non lo hanno perso ed oggi nel 2017, prosegue sotto un’altra forma quel razzismo strisciante che si mescola ipocritamente ad un egemonia dell’élite plutocratica, pura ed eletta casta su un indistinto e meticcio strato di poveri e disperati, che dall’Africa e dall’Asia indiana, si spostano ad invadere, o ripopolare secondo la retorica più disgustosa, il vecchio, sazio e sterile continente europeo.

Ed ecco che a denunciare questo disegno è proprio un esponente di quel partito piena espressione di questa corrente dominante, Marco Minniti, Ministro dell’Interno e uomo forte del PD. Egli racconta sensibilmente irritato ai suoi interlocutori che “dopo quei 12 mila sbarchi in Italia in un giorno di Agosto 2017, la risposta dell’Europa non prevedeva soluzioni politiche o operazioni concrete per darci una mano, ma “semplicemente più soldi per creare nuovi hotspots”. E specifica che gli “hotspots” nel linguaggio europeo non sono soltanto dei semplici centri d’identificazione, ma veri e propri centri di detenzione da cui non si esce”. Insomma delle galere. Perché per Bruxelles l’ importante, quindi, non era fermare la marea di migranti che si stava scaricando sul nostro paese, ma semplicemente metterli in condizione di non muoversi dall’Italia. “Pensate: ci proponevano di fare dei centri di internamento, cioè delle vere e proprie galere, persino per i minori non accompagnati”. Il ministro mette in luce il paradosso, in cui soldi offerti all’Italia da Bruxelles servivano a garantire che i profughi – raccolti in mare dalle Ong e scaricati sulle coste italiane dalle navi di Triton e di Eunavfor Med, ovvero da due missioni europee – non si muovessero dall’Italia, non si avvicinassero ai confini di Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, mettendo a rischio sovranità e sensibilità dei nostri “amici” europei, ma solo la nostra.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio e il doppiopesismo di questa civiltà incivile, che crea il male per generare ancora più male, dovrebbe sollecitare gli animi delle persone per bene a divenire anticorpi contro l’avidità e il dominio delle élites progressiste e illuminate.